1.22.2014

L'amor tragico

L'amante di Porfiria

  Dopo un lungo periodo di assenza, ecco che ritorniamo a scrivervi e a parlarvi di letteratura. Vi proponiamo quindi una poesia, canale letterario oggi più che mai sofferente in termini di pubblico e scrittori. Il testo, ottocentesco, è di Robert Browning, autore decisamente svalutato dalla società moralista e bigotta dell'Inghilterra del suo tempo. Orrorosi, truculenti, focalizzati su personaggi lunatici e passionali, i componimenti di Browning son ben lontani dall'ideologia vittoriana fondata sulla fiducia nelle capacità dell'uomo, nel progresso e nella ragione umana, presuntamente incondizionabile da spinte emotive estreme e folli. E il tutto per andare ad esplorare un ambito allora ancora trascurato, quello della psicologia umana, delle forze irrazionali che a volte la dominano, dell'anima nelle sue profondità più oscure e misteriose. Ma le poesie di quest'autore tanto controverso non sono innovative solo dal punto di vista contenutistico. Abbiamo infatti un'imprevedibile scelta stilistica: il monologo drammatico, che presuppone la narrazione dell'evento descritto direttamente da parte del personaggio che ne è stato partecipe. Colto in un momento di profonda crisi, esso rivela indirettamente la sua più profonda psicologia, la sua misteriosa identità.
  Così è anche per l'opera L'amante di Porfiria, massimo esempio della poesia dell'autore. Il testo, che, come già detto, è un racconto in prima persona del personaggio stesso, riporta un evento apparentemente banale: l'incontro tra due amanti durante una notte piovosa. La donna, di nome Porfiria (chiaro riferimento alla passione amorosa), giunge nella casa del suo amato e i due si siedono l'uno accanto all'altro, abbracciandosi. Ma un pensiero improvviso attraversa d'un tratto la mente del protagonista: egli crede di aver amato Porfiria invano, pur essendo sicuro che lei lo ami davvero, pur capendo che in quel momento la donna è davvero sua, abbandonata fra le sue braccia. Così, con gesto impulsivo quanto sconsiderato, afferra la treccia in cui sono raccolti i suoi biondi capelli e, per tre volte, la strangola. Solo in questo modo infatti il narratore riesce a fermare il momento di unione con la sua amata per sempre, permettendo alla donna di rimanere eternamente bella e pura, e, soprattutto, eternamente sua. Tuttavia questa rimane una supposizione, perché quale sia la ragione reale dell'omicidio non è dato saperlo, così come non possiamo sapere con certezza il tipo di relazione esistente tra i due personaggi. E' possibile solo fare ipotesi e congetture, che, per quanto convincenti, restano comunque sterili. Il mistero e l'oscurità che avvolgono il componimento sono d'altronde voluti, a conferma che l'autore voglia mostrare come la mente umana sia imprevedibile e frammentaria. Sappiamo però che l'uomo è perfettamente convinto che la donna non abbia provato dolore, così come è sicuro che la morte, così tragica, fosse nel volere della donna, che appare sorridente anche dopo il violento strangolamento. Si suggerisce in tal modo che l'iniziativa fosse condivisa dai due, come unica soluzione per il raggiungimento dell'amore eterno. Interessante è infine la riga finale, che rivela come persino Dio non abbia detto una parola sull'accaduto, non abbia giudicato la spinta omicida del protagonista, quasi volesse approvare la sua scelta di mantenere la ragazza pura; oppure, al contrario, il gesto del protagonista è tanto cruento e scellerato che neppure Dio, nella sua incommensuarabile grandezza, può giudicarlo, per quanto il colpevole ne senta il bisogno.
  Una poesia dal finale aperto dunque, che, per quanto ci sforziamo di comprendere, resterà per sempre un mistero insolubile, soggetto solo a giudizi parziali e personali, in base ai gusti e alle credenze di ognuno. Solo una cosa è certa: ci troviamo di fronte ad un capolavoro dell'animo umano.

Di seguito il testo integrale:

The rain set early in tonight, 
The sullen wind was soon awake, 
It tore the elm-tops down for spite, 
and did its worst to vex the lake: 
I listened with heart fit to break. 
When glided in Porphyria; straight 
She shut the cold out and the storm, 
And kneeled and made the cheerless grate 
Blaze up, and all the cottage warm; 
Which done, she rose, and from her form 
Withdrew the dripping cloak and shawl, 
And laid her soiled gloves by, untied 
Her hat and let the damp hair fall, 
And, last, she sat down by my side 
And called me. When no voice replied, 
She put my arm about her waist, 
And made her smooth white shoulder bare, 
And all her yellow hair displaced, 
And, stooping, made my cheek lie there, 
And spread, o’er all, her yellow hair, 
Murmuring how she loved me—she 
Too weak, for all her heart’s endeavor, 
To set its struggling passion free 
From pride, and vainer ties dissever, 
And give herself to me forever. 
But passion sometimes would prevail, 
Nor could tonight’s gay feast restrain 
A sudden thought of one so pale 
For love of her, and all in vain: 
So, she was come through wind and rain. 
Be sure I looked up at her eyes 
Happy and proud; at last I knew 
Porphyria worshiped me: surprise 
Made my heart swell, and still it grew 
While I debated what to do. 
That moment she was mine, mine, fair, 
Perfectly pure and good: I found 
A thing to do, and all her hair 
In one long yellow string I wound 
Three times her little throat around, 
And strangled her. No pain felt she; 
I am quite sure she felt no pain. 
As a shut bud that holds a bee, 
I warily oped her lids: again 
Laughed the blue eyes without a stain. 
And I untightened next the tress 
About her neck; her cheek once more 
Blushed bright beneath my burning kiss: 
I propped her head up as before 
Only, this time my shoulder bore 
Her head, which droops upon it still: 
The smiling rosy little head, 
So glad it has its utmost will, 
That all it scorned at once is fled, 
And I, its love, am gained instead! 
Porphyria’s love: she guessed not how 
Her darling one wish would be heard. 
And thus we sit together now, 
And all night long we have not stirred, 
And yet God has not said a word!

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